Partiamo alle tre, in una notte rischiarata da una luna quasi piena. Siamo carichi come muli, con tutto quello che serve per la salita e la discesa, in totale quasi 15 chili.
Risaliamo il ghiacciaio, le piccozze e i ramponi cigolano sulla neve ancora ghiacciata della notte.
Siamo soli. Il silenzio è incredibile, fa quasi spavento.
Inizia ad albeggiare mentre scaliamo la roccia dello sperone Du Reposoir. Odio svegliarmi presto, ma lo spettacolo che regalano certe albe ripaga di tutto.
Mi giro ad ammirare il paesaggio e gli occhi mi diventano lucidi. Vedo Tim arrampicare sotto di me, dietro a lui c’è tutta la Val D’Aosta con i suoi profili increspati. Mi stupisco che la montagna riesca ogni volta a tirarmi fuori emozioni forti che in generale non mi appartengono. Non sono uno che si com- muove facilmente. Non voglio fare l’uomo rude, è solo che, davvero, non c’è niente che mi smuova così nel profondo. La montagna è la mia debolezza.
Saliamo veloci. Arriviamo 200 metri sotto la vetta, abbiamo già fatto 1200 metri di dislivello e la quota, il poco allenamento e il carico si fanno sentire. Fatichiamo, ci fermiamo spesso a prendere fiato. Nonostante la stanchezza pulsi nei muscoli e nelle ossa, si accende una luce che ci ricarica. Inizia ad emergere nitida la consapevolezza di essere ormai molto vicini all’obiettivo.